
«Venezia ebraica. Ponte delle Guglie»
olio su tela, 50x70, 2023.
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"Venezia Ebraica" è un raro esempio di fusione tra pittura paesaggistica urbana e sottotesto etnografico e culturale, dove ogni dettaglio è carico di simbolismo e allusioni. L’autore trasporta lo spettatore nel cuore di Venezia, presso il ponte delle Guglie, ma al tempo stesso in un mondo invisibile, quasi dissolto nell’architettura di pietra e nei riflessi dei canali: la vita ebraica nascosta nel tessuto della città.
A prima vista, lo spettatore è accolto da un’armonia spaziale: una luce uniforme che colora dolcemente le facciate, la trasparente profondità del canale che riflette il ponte ad arco. Qui è facile ricordare la tradizione delle vedute veneziane – da Canaletto a Francesco Guardi, maestri che dipingevano la città con amore e precisione. Tuttavia, a differenza di loro, l’artista non si limita a registrare la bellezza architettonica: riempie lo spazio di personaggi portatori di contenuti spirituali. Questo approccio richiama la narrazione della pittura di genere di Hogarth o il realismo francese del XIX secolo, dove la scena urbana diventa teatro delle relazioni umane.
Il fulcro del dipinto è l’atmosfera ebraica, invisibile al passante occasionale, ma rivelata qui come una seconda realtà veneziana. Infatti, alla sinistra della scena, fuori campo, si trova il ghetto ebraico storico, fondato nel XVI secolo. L’autore ne “espande” consapevolmente i confini, lasciando che la vita quotidiana della comunità si riversi sul ponte, sulla strada e nel canale. Lo spettatore diventa così testimone di una fantasia: e se la vita spirituale e quotidiana della comunità ebraica si manifestasse liberamente negli spazi centrali della città?
Queste manifestazioni sono intrecciate nella tela come accenti dispersi ma interconnessi. A sinistra, un giovane padre con il figlio si ferma per dare la tzedakà a un povero: una scena modesta, ma intrisa della profonda tradizione ebraica della carità. Poco distante, un commerciante ebreo trascina un carretto di pesce – un chiaro riferimento alla vivace cultura mercantile della comunità.
Sul balcone a destra, si asciugano tallit mescolati a pantaloni – un dettaglio quasi umoristico, ma toccante nella sua quotidianità: il sacro convive con l’ordinario. Poco sotto, due ragazzi seduti sui gradini studiano la Torah. Questo dettaglio dona alla scena una nota intima, come a dire che anche in una città affollata c’è spazio per lo studio silenzioso e la trasmissione della saggezza.
Particolare attenzione merita la gondola in cui dei rabbini trasportano i rotoli della Torah. Qui emerge un’allusione all’Arca dell’Alleanza, che viaggia sull’acqua come simbolo della fede incrollabile. Questa metafora trasforma il canale veneziano da paesaggio turistico a fiume di movimento spirituale.
Non meno espressiva è la scena della danza degli chassidim a sinistra: la loro gioia, la danza circolare trasmettono energia festiva, richiamando la tradizione chassidica del culto attraverso l’estasi gioiosa. Qui si percepisce un’eco della plastica espressiva dei dipinti di Marc Chagall, dove la vita ebraica appare poetica e danzante.
I piccoli dettagli completano il quadro: davanti a una bottega, due ebrei conversano animatamente; a destra, un giovane flirta con una ragazza affacciata alla finestra – una scena da commedia dell’arte, ma con un tocco ebraico; una madre accompagna il figlio a scuola – un motivo che evoca la continuità generazionale.
Così, "Venezia Ebraica" non è semplicemente una veduta di Venezia. È una città reinterpretata, dove ogni calle, ponte e barca è intrisa di memoria, cultura e tradizione ebraica. L’artista crea una Venezia parallela, dove quotidianità e spiritualità, vita laica e rituali religiosi coesistono in modo organico.
Per composizione e atmosfera, l’opera si avvicina ai maestri europei della luce – come Camille Corot, i cui paesaggi si distinguevano per l’atmosfera trasparente e la poesia silenziosa. Ma a differenza di Corot, l’autore satura consapevolmente lo spazio di storie umane, trasformando il dipinto in un romanzo visivo, dove ogni figura è un capitolo a sé.
Il quadro è unico nel suo genere: unisce la documentazione del luogo con una continuazione immaginaria della tradizione, creando un ponte non solo sul canale, ma anche tra le epoche. In questa visione, Venezia non è solo una città sull’acqua, ma una città della memoria, dove ogni pietra conserva i passi della comunità ebraica, e ogni riflesso di sole sul canale è un bagliore della vita eterna della Torah.